NOTIZARIO DEL LAVORO
Indice:
- Pag. 1 La Commissione Lavoro, il saluto del Presidente Virgintino
- Pag. 1 La Commissione Lavoro, un cantiere sempre aperto (Giovanni Stefanì)
- Pag. 2 La stagione delle riforme (Pierfrancesco Zecca)
- Pag. 5 Arbitrato e conciliazione nelle controversie di lavoro in Italia ed Europa: tra dubbi e nuove proposte (Tiziana de Virgilio)
- Pag. 7 Iniziative, lettera aperta del Prof. R Voza per la pubblicazione degli Studi del Prof. Mario Giovanni Garofalo
- Pag. 7 Normativa e documentazione nazionale
- Pag. 9 Osservatorio della Giurisprudenza
- Pag. 9 Eventi, nazionali e sul territorio
Interventi
- La Commissione Lavoro, da progetto a realtà.
La continua evoluzione delle normativa in materia lavoristica, il carico del contenzioso della Sezione lavoro che da solo equivale all’intero contenzioso civile, e dunque la necessità di continuo aggiornamento nonché, ovviamente nel rispetto dei diversi ruoli, quella di una giusta sinergia tra il lavoro di noi avvocati con quello dei giudici e delle cancellerie esigeva per il nostro Consiglio la creazione della Commissione Lavoro. In tal senso il mio primo ringraziamento va al Collega e amico Giovanni Stefanì il cui ruolo propulsivo, anche per la Commissione lavoro, è stato determinante per creazione della stessa.
Da questa Commissione, dalle sue Coordinatrici, da ogni suo componente, non mi attendo solo la realizzazione degli obiettivi delineati in Consiglio, e che per verità uno dietro l’altro con sorprendente rapidità sono stati in parte già raggiunti e propositivamente integrati, ma, soprattutto, mi attendo anche una continuità di impegno coerente con la natura di un progetto così importante.
Manuel Virgintino
- La Commissione Lavoro, un cantiere sempre aperto.
La Commissione lavoro nasce da una idea dell’Avv. Serena Triggiani con un progetto tanto agile quanto importante e duraturo che si propone di programmare ed effettuare continui aggiornamenti siano essi di carattere normativo siano essi riguardanti le prassi di merito. Ricevere il contributo di tutti gli “addetti ai lavori”; in tal senso la Commissione è on line sul sito del Consiglio dell’Ordine ed è possibile interagire con la Commissione mediante il seguente indirizzo di posta elettronica: info@ordineavvocati.bari.it
Raccogliere i contributi in materia, e segnalare non solo gli aggiornamenti normativi ma anche gli eventi suddivisi in eventi sul “nostro territorio” ed eventi sul territorio nazionale, nonché le iniziative in materia; per queste ragioni La Commissione è anche online con questo Notiziario comunque sempre aperto al contributo di tutti. Significativa cifra del lavoro già svolto in questi primi mesi è l’entusiasmo che la Commissione e i suoi componenti hanno espresso e dimostrato con un impegno ed una costanza anche negli incontri davvero encomiabili. Ad majora
Giovanni Stefanì
Spigolature di diritto del lavoro, ordinamento processuale civile ed economia.
di Pierfrancesco Zecca
La stagione delle riforme annunziata e via via messa in essere (da ultimo ma non per ultimo i testi oggi qui in commento), ha tra gli obbiettivi di una Repubblica fondata sul lavoro, giusta art. 1 della Costituzione quello di passare dalla tutela dell’esistente che ha visto la restrizione dell’accesso al lavoro e della permanenza nel mondo del lavoro, alla promozione delle occasioni per tutti i cittadini giovani e meno giovani di realizzare una loro dignitosa e reale partecipazione alla vita e al progredire della comunità (art. 36 Cost. IL LAVORATORE HA DIRITTO AD UNA RETRIBUZIONE PROPORZIONATA ALLA QUANTITÀ E QUALITÀ DEL SUO LAVORO E IN OGNI CASO SUFFICIENTE AD ASSICURARE A SÉ E ALLA FAMIGLIA UN'ESISTENZA LIBERA E DIGNITOSA…omissis)
Ma ciò che in tempi di impetuosa crescita dei diritti, delle speranze e anche dell’impegno individuale e collettivo, in piena fase del c.d. miracolo economico, poteva essere soddisfatto mediante sistemi di regolazione dell’esistente che, per sua parte, progrediva quasi automaticamente, oggi deve provvedere all’apprestamento di una strumentazione massimamente complessa in grado di affrontare i “respiri” globali dell’economia, gli scenari speculativi mondiali, la concorrenza di masse lavoratrici utilizzate in altri continenti finanche in condizioni di semischiavitù e tuttavia idonee ad alterare gli equilibri del mercato globale del quale tutti siamo parte.
Le riforme del lavoro non possono essere perciò ridotte a variazioni linguistiche di tematiche formali o a semplificazioni, che, attraverso regole variamente disincentivanti eliminino dalla scena, interlocutori che pure hanno fatto la storia della democrazia e del diritto del lavoro in occidente, nell’Europa insulare e continentale, e in misura specialissima in Italia.
Due realtà complesse come quella dell’economia e quella del diritto, operanti per piani solo in minima parte comuni, viaggiano oltretutto a velocità di realizzazione dei loro obbiettivi parecchio diverse, tanto che per un verso sembra che i due mondi ora citati non si “parlino”, e, per altro verso, sembra che la regolazione di legge o di contratto sia condannata ad inseguire la maggiore velocità delle trasformazioni economiche.
L’economia trasforma in un attimo le condizioni di vita (politica, cultura, rapporti di classe, lavoro) esprimendo un livello di effettività massimamente alto in corrispondenza della unitarietà di pochi luoghi di decisione, il diritto, a fronte della sua formazione pattizia e compromissoria (i parlamenti, i governi, le maggioranze le opposizioni) rivela, per causa della complessità della sua formazione, le difficoltà apparentemente insormontabili, della sua stessa effettività, della sua concreta giustiziabilità.
Con queste sommarie premesse la materia dei licenziamenti e le tematiche che si sviluppano attorno all’art. 18 del vecchio statuto dei lavoratori oggi ampiamente novellato costituiscono un laboratorio privilegiato per alcune considerazioni che in realtà investono l’intera vicenda riformatrice in atto e i possibili suoi esiti.
Paghiamo preliminarmente un piccolo debito con la storia che ora è necessario cambiare ma giustamente ricordiamo che lo statuto dei lavoratori nacque sostanzialmente a Bari, dall’incontro tra le culture di Gino Giugni, professore di diritto del lavoro nell’Università di Bari, e del ministro del lavoro Donato Cattin cattolico, e - circostanza forse meno nota - dal confronto di idee tra il Prof. Giugni e il socialista Rino Formica anche lui ministro della Repubblica.
Gli interventi di novellazione che nel tempo hanno trasformato l’originario testo dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori mostrano una abbondanza di tipologie di licenziamento e una molteplicità di modulazioni delle tutele che evidenziano come attorno alla vicenda dello scioglimento del rapporto di lavoro si siano annodati conflitti di posizione tra categorie antagoniste (datori di lavoro e lavoratori dipendenti), ampliamenti di tutela seguiti alla contrattualizzazione del pubblico impiego e la estensione ad esso di regolazioni tradizionalmente riservate al lavoro privato. La stessa fissazione di massimali per la liquidazione del risarcimento da licenziamento illegittimo segnala l’ingresso di una sopraggiunta consapevolezza del rapporto tra organizzazione giudiziaria, tempi del processo e limiti concreti alla sostenibilità delle tutele astratte.
Una rapida lettura del testo rende plasticamente il tema della complessità della disciplina di legge e dello sforzo di renderla capace di comprendere quanto la realtà dei rapporti andava visibilmente complicando. La novella del 2012, della quale qui per esigenza di spazio è riportata la sola parte iniziale, è in vigore dal 18 luglio 2012, il testo originario della norma risale al 20 maggio 1970.
Art. 18 Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo.
1. Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell'articolo 35 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all'articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
2. Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
3. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
La novella prosegue ancora, con molti altri commi che certamente conoscete, ma i commi sopra richiamati consentono di iniziare a inquadrare quale sia la strumentazione del mezzo giuridico di cui vi scrivo.
L’art. 18 della legge 300/1970 nel testo rinnovato nel 2012 identifica diversi “tipi” di licenziamento illegittimo, prevedendo una gradazione delle tutele corrispondenti (declaratoria di nullità, annullabilità, inefficacia), in relazione alle causali patologiche sostanziali o formali dello stesso, quali sono:
- licenziamento senza giusta causa;
- licenziamento senza giustificato motivo;
- licenziamento in violazione di speciali norme protettive;
- licenziamento discriminatorio;
- licenziamento antisindacale.
Ancora, la norma in commento prevede condizioni di applicabilità della disciplina in questione, in alcuni casi prescindendo dal numero dei dipendenti del datore di lavoro, in altri casi stabilendo una soglia numerica di dipendenti a condizionare l’utilizzo della regola di legge. La condizione numerica è diversa per l’impresa agricola e per l’impresa industriale fissando non persuasivamente una più rigida applicazione proprio per la impresa agricola.
Permane la vecchia distinzione tra licenziamento per giusta causa e licenziamento per giustificato motivo ma alla fine il grande e molto controverso tema della tutela reale del posto di lavoro (reintegrazione nel posto di lavoro per il licenziato) si scolora nella impraticabilità di una reintegrazione che quasi mai riesce ad essere realizzata in forma specifica.
I lavoratori scontano un deficit di eseguibilità delle sentenze a loro favorevoli, i datori di lavoro scontano il peso di obbligazioni retributive e risarcitorie che sono prodotte dall’ingolfamento del processo civile e del lavoro.
Il tetto posto dal co. 4 dell’art. 18 che limita a 12 mensilità il massimo indennizzo liquidabile accanto alla tutela reintegratoria prende atto della necessità di sganciare l’ammontare dell’indennizzo dai tempi del processo e divide con strumento non ragionevole il costo della lunghezza del processo tra lavoratore e datore di lavoro.
La molteplicità delle forme di tutela e, sul piano del processo, la molteplicità delle pretese che possono essere fatte valere, si risolve in una difficoltà applicativa che si è conservata nonostante anni di stratificazione della giurisprudenza del lavoro, mentre la previsione di una riduzione della quota danni correlata alla diligenza o mancanza di diligenza del lavoratore licenziato nel procurarsi nelle more del processo un lavoro alternativo, si risolve in una astratta predicazione di principio considerata la notoria condizione attuale del mercato del lavoro.
Resta difetto fondamentale della pur attenta a curata disciplina sostanziale del fenomeno licenziamento, la poca attenzione alla disciplina processuale che in tempi di carenza di strutture per il processo e di adeguate leggi per un nuovo sistema processuale spreca risorse organizzative e personali in due gradi di merito e uno di legittimità, laddove la riduzione ad un solo esame di merito e al finale scrutinio di legittimità avrebbe liberato risorse tanto preziose quanto ormai mancanti.
I fenomeni di riduzione dei posti di lavoro esistenti, di licenziamenti collettivi, di delocalizzazione delle imprese all’estero con riduzione del fabbisogno di lavoro in Italia, di spacchettamento e cessione di rami di impresa con la concentrazione dei lavoratori da estromettere nelle bads companies appositamente create, restano indenni rispetto al vecchio strumento di tutela del singolo posto di lavoro che ha ormai solo una funzione di garanzia contro i piccoli abusi.
Il problema della creazione di nuovi posti di lavoro non è più un problema di tutela giuridica quanto un problema di strategie economiche del sistema Italia o del sistema Europa.
La nuova disciplina del contratto a termine, dei contratti a tutela progressiva, di incentivazione fiscale del lavoro costituisce una agevolazione per le imprese che hanno vantaggio a operare in Italia ma è solo un mezzo indiretto di promozione che va meglio strutturato, arricchito e provvisto di coerente corredo di garanzia anche per i diritti del singolo prestatore di lavoro.
Il nuovo contratto unico prevede l’assunzione con contratto a tempo indeterminato fin da subito, ma per tre anni il lavoratore non gode delle tutele dell’articolo 18. Questo significa che in caso di licenziamento il datore di lavoro non può essere in nessun caso obbligato al reintegro e al più, nel caso in cui il giudice ritenga ingiusto il licenziamento, può essere previsto un indennizzo in denaro di ammontare proporzione all’anzianità di carriera secondo un sistema di tutele progressive. Superati i 36 mesi di “prova” il lavoratore inizierebbe invece a godere di tutte le tutele previste dall’articolo 18. La possibilità di licenziare in maniera meno problematica dovrebbe servire per invogliare le aziende a preferire questa forma di contratto rispetto a quelle più instabili attuali. Quello che non è ancora chiara è la modalità con la quale chi appoggia il Jobs Act intenda proporre e applicare il contratto unico, ovvero se questo diventerà obbligatorio per tutte le nuove assunzioni o verrà semplicemente incentivato con sgravi contributivi per i datori di lavoro. Siamo comunque fiduciosi che la stagione delle riforme sia appena iniziata e confidiamo che questa volta si abbia il necessario e indispensabile coraggio a ridare al Lavoro, con una riforma completa, quel ruolo di indispensabile e inesauribile volano dell’economia senza il quale tutti, ogni Parte ne ha subito la notoria e prolungata crisi che per essere realmente messa alla spalle richiede importanti e mirati interventi.
Arbitrato e conciliazione nelle controversie di lavoro in Italia ed Europa: tra dubbi e nuove proposte
di Tiziana de Virgilio
“Un’importante e alternativa forma di giustizia privata”: così è stata descritta l’istituzione della Corte nazionale arbitrale presso l’Unione Nazionale Camere Civili (UNCC), presentata in una nota lo scorso 22 maggio, quale organismo teso ad intervenire in modo decisivo sull’imponente mole di contenzioso civile del nostro sistema giudiziario ed allo stesso tempo garantire trasparenza e terzietà nei confronti dei cittadini. L’obiettivo dell’iniziativa sembra quello di rinverdire i propositi, mai del tutto attuati in realtà, che il legislatore si era posto con l’introduzione dell’arbitrato, nella sua forma rituale, di cui agli artt. 806-832 c.c., ed irrituale, di cui agli artt. 808-ter e ss. c.c..
Con riferimento all’applicazione dell’arbitrato alle controversie di lavoro, essa resta ancora troppo limitata, con poche differenze rispetto alla propria declinazione “giurisdizionale”, come si suole definire l’arbitrato rituale, in virtù della valenza del lodo arbitrale parificabile ad una sentenza, piuttosto che in quella “convenzionale”, facendo riferimento all’arbitrato irrituale, che fonda la propria vincolatività per le parti su una mera espressione della libertà contrattuale delle stesse.
Uno dei punti maggiormente controversi rispetto alla devoluzione delle controversie civili all’arbitrato risiede proprio nella diffusa diffidenza, specie in materia lavoristica da parte del lavoratore “contraente debole”, verso l’effettiva terzietà degli arbitri e le limitazioni per l’accesso a tale l’istituto, sia in considerazione dei costi gravosi che lo stesso impone, sia rispetto ai limiti d’ammissibilità di un eventuale giudizio d’impugnazione del lodo arbitrale, tassativizzati all’art. 829 c.p.c. nel caso dell’arbitrato rituale ed all’art. 808-ter, comma 2, c.p.c. per quello irrituale. Inoltre, la più volte sottolineata differenza tra i due istituti con riguardo all’efficacia vincolante del lodo emanato tra le parti pone il difficile rapporto tra i due istituti, l’uno giurisdizionalizzato e l’altro meramente procedimentalizzato.
Se quindi è vera la constatazione del parziale fallimento dell’arbitrato in Italia, sia in termini di deflazione del contenzioso lavoristico sia di definizione agevole e diffusa delle controversie, non lo stesso dicasi per altri paesi europei, in cui l’utilizzo dell’arbitrato, quale mezzo di risoluzione alternativa delle controversie civili, è di gran lunga più diffuso.
Caso emblematico in tal senso è rappresentato dalla Francia, definita per antonomasia il Paese arbitration-friendly, non solo in virtù della presenza sul territorio nazionale dell’International Chamber of Commerce, che ha definito oltre 6.500 arbitrati commerciali in 10 anni, ma soprattutto per la riforma interna, iniziata nei primi anni ’80 con l’emanazione del Nouveau Code de procédure civil, in favore dell’integrazione dell’arbitrato nella giurisdizione civile, della promozione dell’“ordre juridique arbitral” e della figura dell’arbitro, quale “juge International”. Una riforma continuata ed accentuata nel 2011, con la promulgazione del decreto del 14.01.2011 n. 48, che ha innovato la materia, fissandone alcuni principi di carattere generale, tra cui: la parificazione dei concetti di compromesso e clausola compromissoria nel concetto unico di “convention d’arbitrage”, maggiore autonomia delle parti nel contenuto della convenzione d’arbitrato, ovvero del principio di compétence-compétence, e del principio dell’estoppel, secondo cui le parti non possono sollevare eccezioni non attinenti al proprio comportamento, inappellabilità del lodo salvo che nei casi di legge, ed infine, definizione del ruolo del Juge d’appui, un organo di assistenza del Tribunale arbitrale.
L’utilizzo dell’arbitrato nelle controversie di lavoro, per le quali è competente in primo grado il Conseil des prud'hommes, composto in modo paritario sia da rappresentanti dei lavoratori sia dei datori di lavoro, compenetra il ruolo di tale istituto sia in fase stragiudiziale sia giudiziale nell’ordinamento francese, anche in virtù dell’assenza di forme di coercizione diretta in materia di licenziamenti illegittimi. In merito, si consideri che, così come in Italia, anche in Francia non è possibile per il lavoratore eseguire in forma specifica l’ordine di reintegra in caso d’inottemperanza datoriale, poiché il legislatore ha determinato a priori la possibilità per il datore di liberarsi dall’obbligazione di reintegra, versando un’indennità sostitutiva quantificabile in un massimo di 39 settimane di retribuzione (cd. astreinte). L’importanza del ruolo dell’arbitrato in tali controversie emerge anche dalla grande autonomia che è riconosciuta in tal senso alla contrattazione collettiva, che può individuare metodi e procedure per la risoluzione dei conflitti.
La valorizzazione del ruolo dell’arbitrato e delle cd. Alternative Disputation Resolutions in generale, dovrebbe divenire non più solo dichiarazione d’intenti delle associazioni professionali e dello stesso legislatore, quanto piuttosto un obiettivo primario, nell’ottica della garanzia di celerità del giudizio. Ma per far questo è necessaria un’azione forte e capillare sul territorio, e dunque non solo a livello centrale, di promozione ed incentivo e dell’uso di tale strumento compositivo, con collegi arbitrali stabili a livello territoriale, con poteri limitati dalle leggi ma non dalla burocrazia, mutuando il basilare principio di parità e trasparenza processuale, ma servendosi della snellezza dell’istituto arbitrale e soprattutto in modo che sia appetibile per le parti anche dal punto di vista economico.
In materia lavoristica è inoltre importante diffondere la cultura dell’arbitrato, assicurando poteri d’intervento in concreto sull’oggetto delle controversie, ivi compresa la liquidazione dell’eventuale aspetto sanzionatorio in caso di licenziamenti illegittimi, da adeguare alla condizione concreta dell’azienda e non già aprioristicamente stabilita. Direttamente connessa a tale tema è proprio la disciplina dei licenziamenti, legata a doppio filo con l’uso dell’arbitrato in campo lavoristico, che non va inteso quale mezzo di liberalizzazione indiscriminata della flessibilità in uscita, ma bensì quale forma d’individuazione mirata di quelle controversie che, in ragione di più che fondate istanze dei lavoratori oggetto di condotte violative dei propri diritti essenziali ed irrinunciabili, possano essere oggetto del vaglio del Giudice. Non si tratta quindi di libertà di licenziare, o più in generale di vessare i lavoratori tout court e di mercificare il lavoro, quanto invece di trovare il giusto punto di equilibrio tra tutele ed esigenze di celerità della giustizia che, se reale, garantisce in primis i lavoratori stessi.
Ben venga dunque l’attuale iniziativa dell’ UNCC, purché si ponga quale stimolo all’intervento prossimo del legislatore, magari sulla scia di quell’arbitrato europeo che, come auspicava il prof. Marco Biagi, specie nelle controversie di lavoro può davvero rappresentare una chiave di volta per l’attuazione di quell’”agenda della modernizzazione” ancora oggi tremendamente vuota.
Iniziative:
Pubblicazione degli Studi in memoria di M.G. Garofalo, lettera aperta del Prof. Roberto Voza.
Normativa e documentazione nazionale:
- Il D.L. 20 marzo 2014 n. 34 approvato al Senato: ecco il testo degli emendamenti al DL Poletti dalla Commissione Lavoro.
- Il D.L. 24 aprile 2014 n. 66 in tema di Misure urgenti per la competitività e giustizia sociale all’esame delle commissioni Bilancio e Finanze.
- DDL 1428 Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino dei rapporti di lavoro e di sostegno alla maternità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
- Comunicazioni obbligatorie dei datori di lavoro e prestazioni di integrazione salariale: Circolare INPS 6 maggio 2014 n. 57.
- Detassazione di produttività: pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 98 del 29 aprile 2014, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 febbraio 2014, “Modalità di attuazione delle misure sperimentali per l’incremento della produttività del lavoro nel periodo 1º gennaio – 31 dicembre 2014″.
- Contributo di solidarietà su trattamenti pensionistici: INPS messaggio n. 4294 del 28 aprile 2014.
- Riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti ed assimilati: circolare Agenzia delle Entrate n. 8/E del 28 aprile 2014.
Osservatorio della Giurisprudenza
- Presenza dell’RSPP in azienda ed obblighi di sicurezza del datore
Cass. sez. lav. 5 maggio 2014 n. 18296
“Non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di fornire, ai propri dipendenti, i dispositivi di protezione individuale necessari a prevenire i rischi in relazione alle lavorazioni svolte nell’azienda, la presenza del RSPP (Responsabile del servizio di prevenzione e protezione) sul luogo di lavoro”.
- Giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 92/2012
Cass. sez. lav. 22 aprile 2014 n. 9098
“Ai giudizi di merito sui licenziamenti, incardinati prima dell’entrata in vigore della legge n. 92/2012, in assenza di disposizioni transitorie, si applica la normativa antecedente rispetto a quella postulata dal nuovo articolo 18. Secondo la Suprema Corte la nuova disciplina determina “un sistema unico che non incide sul solo nappa reato sanzionatorio ma impone un approccio diverso alla qualificazione giuridica dei fatti incompatibile con una sua immediata applicazione ai processi in corso”.
- Cessione del ramo d’azienda in perdita
Cass. sez. lav. 22 aprile 2014 n. 9090
“Una eventuale cessione di ramo d’azienda può essere ricondotta a nullità non per mancanza di adeguata motivazione ma perché la stima del valore non risulta veritiera”.
- Costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze del committente
Tribunale di Milano sentenza del 15 aprile 2014
“I termini per il ricorso giudiziale finalizzato ad ottenere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del committente, cosa che presuppone l’accertamento di irregolarità nel contratto di appalto, è sempre soggetta al temine di decadenza previsto dall’art. 32, comma 4, della legge n. 183/2010 (60 giorni per l’impugnativa di natura stragiudiziale e 180 giorni per il ricorso), senza che la stressa norma possa unicamente riferirsi alle sole ipotesi nelle quali sia stato adottato un atto assimilabile al licenziamento”.
Eventi:
Eventi sul Territorio
- Commissione Lavoro Ordine Avvocati di Bari, Decreto ingiuntivo: gli orientamenti della Sezione, rel. Dott. Giuseppe Minervini.
Bari Sala Consiglio Ordine Avvocati Bari, 12 giugno 2014.
- Ordine Avvocati Bari e Ordine degli Ingegneri, Il d.lgs. 231/01: il modello organizzativo ai fini dell’esimente responsabilità con particolare riguardo ai temi della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Bari Hotel Palace, 13 giugno 2014.
- Commissione Lavoro Ordine Avvocati di Bari e Associazione Avvocati Tribunale di Monopoli, Il nuovo rito dei licenziamenti introdotto dalla legge Fornero: la fase di tutela urgente. Innovazione legislativa e prassi giurisprudenziale a confronto
Tribunale di Monopoli, 16 giugno 2014
- Commissione Lavoro Ordine Avvocati di Bari, Rito cd. Fornero- fase sommaria: ambito di applicazione, mutamento del rito e prassi applicative, rel. Dott.ssa Angela Vernia.
Bari Sala Consiglio Ordine Avvocati Bari, 26 giugno 2014.
Eventi nazionali
- Università LUISS di Roma, Gli effetti del diritto europeo sulle riforme nazionali del diritto del lavoro,
Roma, 11 giugno 2014.
- Associazione SU & giù – Giuslavoristi di Siena, Urbino e Cassino e Dipartimento di Giurisprudenza di Urbino, Riletture dei classici del Diritto del lavoro, intervengono il Prof. Franco Scarpelli (Università di Milano Bicocca) ed il Prof. Luca Nogler (Università di Trento).
Urbino, 13 giugno 2014.
- Adapt, Deal -L’ispezione del lavoro a dieci anni dalla riforma. Relatori: Michele Tiraboschi, Pierluigi Rausei, Maurizio Cinelli, Giovanna Carosielli e Marco Assenti. Moderatrice sarà Daniela Carbone.
Ascoli Piceno, 13 giugno 2014, Sala della Ragione di Palazzo dei Capitani, in Piazza del Popolo.
- Fondazione Forense Bolognese, Contratto di appalto e rapporto di lavoro.
Bologna, 18 giugno 2014.
Il notiziario del Lavoro è diretto da Pierfrancesco Zecca
Comitato Scientifico
- Pierfrancesco Zecca
- Carmen De Girolamo
- Michele Imperio
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