Il Consiglio adotta il seguente
DELIBERATO
Con sentenza n. 3709/2019 la Suprema Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto:
“Il domicilio digitale previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, conv. con modif. in L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, conv., con modif., in L. n. 114 del 2014, corrisponde all'indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell'Ordine di appartenenza e che, per il tramite di quest'ultimo, è inserito nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE)gestito dal Ministero della giustizia. Solo questo indirizzo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l'effettiva difesa, sicchè la notificazione di un atto giudiziario ad un indirizzo PEC riferibile - a seconda dei casi - alla parte personalmente o al difensore, ma diverso da quello inserito nel ReGIndE, è nulla, restando del tutto irrilevante la circostanza che detto indirizzo risulti dall'Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC)”;
Il Centro Studi Processo Telematico, con comunicato del 4 marzo 2019 pervenuto a questo Consiglio in data 5 marzo 2019 e pubblicato al seguente link:
COMUNICATO CSPT ha rilevato ed osservato:
· che tale principio esclude incomprensibilmente il registro INI-PECdal novero di quelli utilizzabili per le notificazioni dirette agli avvocati;
· che gli art. 16 tere sexies del d.l. 179/2012 includono l’INI-PEC tra gli elenchi pubblici validi per l’esecuzione delle notificazioni ai sensi dell’art. 3-bis L. 53/1994, in posizione di esatta parità giuridica con il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (RegInde);
· che, peraltro, la Corte ha inspiegabilmente menzionato il registro INI-PEC in fattispecie nella quale (trattandosi di notificazione diretta all’Avvocatura di Stato) avrebbe potuto semmai venire in rilievo l’inutilizzabilità dell’IPA (indice delle pubbliche amministrazioni);
· che l’utilizzo dell’INI-PEC è peraltro fondamentale al fine di consentire, in particolare, la notificazione telematica nei confronti delle imprese;
· che pertanto ad avviso di questo Consiglio l’errato principio di diritto espresso dalla Suprema Corte di Cassazione è verosimilmente frutto di un refuso che necessita di specifico chiarimento posto che la sua conseguente acritica applicazione nei giudizi di merito è destinata ad avere gravi ripercussioni sulla possibilità di effettuare notificazioni in modalità telematicae, soprattutto, su innumerevoli notificazioni già effettuate dagli avvocati utilizzando l’elenco in discorso;
· che anche il Consiglio Nazionale Forense con nota inviata al Primo Presidente in data 5 Marzo 2019 auspicava un intervento al fine di porre rimedio all’accaduto.
Tanto premesso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari, nel recepire la nota dal Consiglio Nazionale Forense del 5 marzo 2019 e le osservazioni del comunicato del Centro Studi Processo Telematico, invita la Suprema Corte di Cassazione nella persona del Primo Presidente a valutare ogni possibile soluzione, che consenta di superare una possibile interpretazione in contrasto con il d.l. 179 del 2012 e con i principi sanciti dal Codice dell’Amministrazione Digitale, che trovano espressa applicazione anche nel processo civile, invitando pertanto anche i consigli degli Ordini Forensi d’Italia e l’OCF ad associarsi alle predette richieste.
Si comunichi agli iscritti all’ordine degli Avvocati di Bari, al Centro Studi Processo Telematico, ai Consigli degli Ordini forensi d’Italia, al CNF, all’OCF, al Primo Presidente della Corte di Cassazione ed al Presidente della Corte di Appello di Bari affinchè possa segnalare ai magistrati del distretto la corretta applicazione della normativa.